Esportare in Brasile
Sesta potenza economica mondiale, con 192 milioni di abitanti, inflazione al 6,5% e PIL +2%, il Brasile ha forse rallentato la crescita?
No, gli investitori non dovrebbero scoraggiarsi. Infatti se il Brasile è ricco e povero allo stesso tempo, particolarmente carente di infrastrutture e caratterizzato dall'alto costo della vita cui la popolazione fa fronte acquistando a rate, è anche vero che gode di supporto internazionale grazie alla propria stabilità politico-economica, a differenza di altri stati come l'Argentina nuovamente a rischio default.
Alcuni fattori contribuiscono al rallentamento della crescita, come l'alto tasso di corruzione e l'elevato livello di burocratizzazione, le condizioni di povertà di alcune aree a Nord-Est del Paese e il forte protezionismo ben noto agli esportatori italiani.
Ma il Brasile è un paese industrializzato, esportatore di tecnologia, dove i terreni agricoli contano per il 22% del territorio, facendone il 2° mercato mondiale per i trattori agricoli. E il 22% degli imprenditori locali è di origine italiana, altro fattore positivo per la nostra industria.
In un recente incontro organizzato da Promos, società speciale della Camera di commercio Milano, è emerso che i brasiliani preferiscono trattare con gli italiani, che peraltro dovrebbero modificare l'approccio con i potenziali acquirenti locali instaurando rapporti duraturi nel tempo e considerando che il mercato richiede macchinari personalizzati. Le piccole dimensioni dell'industria italiana non sono in grado di soddisfare la domanda del mercato interno, ostacolo che può essere aggirato creando reti di imprese italiane in grado di presentarsi con un'immagine unificata e obiettivi condivisi.
Lo scoglio maggiore è rappresentato dal complesso sistema tributario brasiliano, fatto di imposte federali, statali e municipali. Il consiglio del NIBI, Nuovo istituto di business internazionale creato dalla Camera di Commercio di Milano e da Promos, è di rivolgersi a un 'despachante de aduana', un doganiere professionista, in grado di fornire informazioni precise sulle voci doganali dei prodotti da esportare (su alcuni voci doganali i dazi sono stati recentemente ridotti dal 14% al 2%). Altri oneri applicabili sono l'IPI (dazio sui prodotti industrializzati), l'ICMS (tassa sulla distribuzione dei beni e servizi, i contributi per i fondi della previdenza sociale (PIS e Cofins), la IOF, applicata su tutte le transazioni finanziarie.
Le aziende italiane adottano diversi stratagemmi, come la produzione in loco di alcuni componenti e parti del prodotto finito oppure la spedizione di macchinari smontati, che peraltro richiedono la presenza sul posto di un 'assembladoras' di fiducia. Ultima spiaggia è la produzione in Brasile oppure la creazione di una joint-venture. L'opzione suggerita di NIBI è la fusione o acquisizione di un'impresa locale, soluzione poco condivisa dalle imprese italiane.
Numerose sono le opportunità di questo vasto paese, che importa il 17% dei macchinari e delle tecnologie utilizzate e il 37% della meccanica strumentale. Settori trainanti sono l'agroindustria e la trasformazione alimentare, la meccanizzazione agricola (da considerare che la potenza media dei trattori venduti in Brasile è doppia rispetto alla media italiana nonché la necessità di determinati 'optional' a bordo, come l'aria condizionata e il GPS), l'automotive e le rinnovabili...
Tra i requisiti indispensabili figurano le certificazioni sanitarie locali, la presenza di un partner affidabile in loco, la registrazione dei propri marchi.
Il suggerimento a chi partecipa a una fiera? Non mancare mai al secondo appuntamento: i brasiliani valutano l'affidabilità dell'azienda dalla presenza all'evento espositivo.
maricro