MaKe in India
Tredicesima per produzione e decima per consumo di macchine utensili, l’India è destinata a occupare un posto di preminenza nella classifica mondiale?
Secondo la IMTMA (Associazione dei costruttori indiani di macchine utensili) non ci sono dubbi, grazie alla graduale concentrazione su una produzione di più alto livello all’insegna del Make in India.
L’industria Indiana della macchina utensile conta un migliaio di industrie produttrici di macchine, accessori, sottosistemi e accessori, di cui le 25 principali contribuiscono a circa il 70% del fatturato globale mentre le rimanenti si configurano nelle piccole e medie dimensioni, produttrici di accessori e componenti. Alcuni costruttori vantano certificazione CE.
Analizzando la situazione attuale, si nota come la domanda sia orientata a centri di lavoro orizzontali, rettificatrici cilindriche, fresatrici e alesatrici, dentatrici. Secondo le statistiche pubblicate dalla IMTMA, la produzione di macchine utensili nel periodo 2015-16 è salita a INR 47.270 milioni (+12% rispetto al periodo precedente), con esportazioni per 2.960 milioni (+5%) e importazioni per 5.945 milioni (+12%) mentre si sono registrati consumi per 103.760 milioni (+12%). Le importazioni di macchine usate contano per circa il 12%.
In una recente intervista rilasciata a Mfgtechupdate.com, Parakramsinh G. Jadeja, presidente di IMTMA, spiega che la produzione soddisfa oltre il 40% dei consumi totali, trainati dall’industria automotive, ferroviaria, difesa, industria e costruzione stampi. Al settore asportazione contribuiscono per oltre il 70% i centri di lavoro e tornitura, con i produttori locali ben posizionati. In questo caso la domanda trainante proviene dall’industria automobilistica, aerospaziale, difesa e ferroviaria.
Per Parakramsinh G. Jadeja l’industria indiana della macchina utensile, ancora ‘piccola’ rispetto ad altre industrie, ci sono margini di crescita dettati da vari fattori. Tra questi si prefigura il miglioramento qualitativo dei prodotti indiani, destinato a influire sulla domanda con conseguente maggiore impegno nello sviluppo di tecnologie avanzate da parte dell’industria costruttrice di macchine utensili (attualmente solo il 2,5% è investito in R&S), grazie anche alla partnership con altre industrie e istituzioni scolastiche. Quale conseguenza ci sarebbe una riduzione delle importazioni di tecnologia.
Nel frattempo la World Machine Tool Survey 2016 di Gardner Research conferma la Cina come maggiore consumatore di macchine utensili nel 2015 (anche se in calo del 33% rispetto al 2011). E tra i Paesi che hanno registrato un calo del 25% nei consumi 2015 rispetto al 2011 figurano Giappone, Corea del Sud, Taiwan, India, Tailandia e Malesia.
I consumi globali di macchine utensili hanno visto un aumento record nel periodo dal 2003 al 2011, anno di massimo picco, seguito da andamento fluttuante generalmente contrassegnato da segno negativo fino a registrare -11,9% nel 2015.
Secondo Gardner Research il primo periodo 2003-2008 ha registrato consumi in eguali proporzioni tra Asia ed Europa mentre il secondo periodo 2010-11 è stato quasi esclusivamente trainato dai consumi asiatici quale risultato di tendenze globali in termini demografici, finanziari e manifatturieri: l’enorme popolazione asiatica era fonte di manodopera a basso costo utilizzata dalle multinazionali per ridurre i costi mantenendo la profittabilità; gli enormi debiti finanziari hanno avuto ripercussioni su USA, Cina e Giappone, portando a cambiamenti nelle strategie di investimento, con il deprezzamento delle valute asiatiche e il conseguente abbassamento dei prezzi dei prodotti sui mercati mondiali. La prima conseguenza è stata la delocalizzazione di fabbriche in questa parte del mondo e conseguenti investimenti in macchinari mentre la rapida crescita rendeva difficile fare previsioni ragionate, che si sono quindi tradotte in investimenti eccessivi o insufficienti, in macchinari inadeguati.
maricro