Quale Brasile post elezioni?

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Alle elezioni brasiliane del 28 ottobre scorso Jair Bolsonaro è stato eletto presidente.

Con il 55,15% dei voti, i brasiliani hanno dimostrato l’intenzione di voltare pagina, esasperati dalla recessione del 2015-16 e dagli scandali che hanno coinvolto i precedenti presidenti.

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Bolsonaro è l’esponente della destra (PSL) e rivale di Fernando Haddad, candidato del partito di sinistra (PT) dell’ex presidente Lula, incandidabile in seguito a episodi di corruzione.

Haddad auspicava una massiccia presenza pubblica nell’economia e il rilancio della crescita economica attraverso investimenti pubblici mentre il programma di Bolsonaro indica come prioritario il consolidamento dei conti pubblici ma si dichiara contrario a politiche di austerità, soprattutto sembra propenso a una maggiore apertura al commercio internazionale.

Secondo quanto riportato da Agência Brasil, i punti principali del programma di governo presentato da Bolsonaro in campagna elettorale ruotano intorno al concetto di efficienza, gestione e rispetto della vita delle persone sia in termini di libertà di scelta politica, economica e religiosa, sia di istruzione di base.

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Il programma in tema di istruzione prevede un’educazione a distanza per l’istruzione elementare nelle aree rurali oltre a maggiore approfondimento delle materie scientifiche e linguistiche (portoghese) riscattando l’educazione morale e civile. La strategia prevede master a stretto contatto con le aziende e la creazione di hub tecnologici. E’ inoltre intenzione di Bolsonaro di introdurre riforme per il disarmo e il diritto di auto-difesa, offrendo protezione alle vittime di violenza.

Le società statali dovranno essere privatizzate riducendo l’onere dovuto a interessi elevati attraverso la vendita di beni pubblici. Con la privatizzazione e deburocratizzazione si procederà a una riduzione graduale delle tasse e a un’aliquota unica del 20% sul reddito imponibile. Sarà istituito un reddito minimo per tutte le famiglie brasiliane.

Viene proposta una riduzione dei costi sanitari tramite l’interconnessione delle banche dati nazionali e la facilitazione dell’assistenza. Altro obiettivo è la creazione di una struttura agricola federale, che riunisca politiche agricole ed economiche, difesa agricola, sicurezza alimentare, pesca e sviluppo rurale sostenibile.

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Sul tema ambiente, peraltro poco dibattuto, spicca l’intenzione di rendere flessibile la legislazione che regola lo sfruttamento delle aree verdi protette, inclusa l’Amazzonia, e di contenere entro i tre mesi la valutazione delle licenze ambientali, come quelle richieste per le piccole centrali idroelettriche. D’altra parte si prevedono investimenti nell’energia solare ed eolica, di cui potrebbe beneficiare soprattutto il Nord-Est del Paese, oltre a un programma che coinvolge l’intera catena di produzione dell’energia rinnovabile, dall’installazione alla manutenzione di pannelli fotovoltaici.

Sul fronte estero Bolsonaro intende promuovere il commercio con i Paesi che aggiungono valore economico e tecnologico al Brasile, come gli Stati Uniti, mentre a livello regionale auspica maggiore integrazione senza pregiudizi con i ‘fratelli’ latinoamericani.

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Dopo l’uscita dalla crisi economica nel 2017, nei primi due trimestri 2018 il PIL è cresciuto più lentamente e i consumi sono risultati meno dinamici del previsto mentre il real si è fortemente deprezzato.

Dalle statistiche mensili pubblicate oggi dall’IBGE, l’Istituto brasiliano di geografia e statistica, emerge che a settembre la produzione industriale brasiliana è calata dell’1,8%, una contrazione continua negli ultimi tre mesi che ha portato a segnare -2,7% nel terzo trimestre. Rispetto a settembre 2017 il calo è stato del 2%, il primo negativo dopo tre massimi consecutivi. Nonostante il rallentamento, dovuto all’incertezza politica ed economica, gli indici accumulati negli ultimi dodici mesi segnano +2,7%

Per SACE il contesto economico è ancora fragile ma con segnali di miglioramento e la Farnesina indica una continua ma lenta ripresa dell’economia brasiliana anche nel corso del secondo semestre dell’anno: il FMI prevede per il 2018 una crescita del PIL pari a +1,4%, che dovrebbe salire a +2,3% nel 2019.

Per la Farnesina, tra le principali sfide che sarà chiamato ad affrontare il nuovo Governo, che si insedierà a gennaio 2019, figurano il risanamento dei conti pubblici e la riforma del sistema pensionistico, nonché l’approvazione di importanti riforme strutturali per recuperare produttività e crescita di più lungo periodo.

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