Taiwan, l’evoluzione da macchine a sistemi

In mezzo secolo di storia, l’industria taiwanese ha subito un’importante evoluzione.

I costruttori sono cresciuti, si sono affermati grazie al buon rapporto costi-qualità proponendo macchine per lavorazioni ad alta velocità, multiasse e multitasking. Da alcuni anni il Paese sta investendo per rendere intelligenti macchinari e intere fabbriche che possano assicurare maggiore efficienza e produttività oltre a tempi di lavorazione ridotti.

In seguito alle tensioni tra Stati Uniti e Cina, principale mercato export, i taiwanesi stanno ora pensando di espandersi in mercati meno tradizionali, come Vietnam, Indonesia, Sud-Est Asiatico e India.

Queste dinamiche, unitamente alla presenza di un cluster industriale sinergico nonché all’integrazione di tecnologie per rendere intelligente la produzione, stanno favorendo la transizione da Paese esportatore di singole macchine utensili all’esportazione di sistemi e linee produttive complete e persino di intere fabbriche.

Taiwan Goodway 2019 320

Nella classifica mondiale dei Paesi esportatori, Taiwan è in quarta posizione, con il 78% della produzione esportata: nel 2018 l’export di macchine utensili è stato pari a 3.656 milioni di dollari, segnando un aumento del 9,2% rispetto all’anno precedente.

Tra le principali destinazioni figura la Cina (32,4%), seguita da Stati Uniti (13,1%), Turchia (4,4%), India (4,3%), Tailandia (3,8%), Paesi Bassi (3,7%), Vietnam (3,4%), Germania (3,2%), Giappone e Italia (2,8%).

Le importazioni, che nel 2018 hanno totalizzato 965 milioni di dollari, provengono in gran parte da Giappone (42,4%), Cina (16,1%), Singapore (12,4%) e Germania (11%). Dall’Italia viene importato il 2,1% delle macchine utensili.

A essere importati maggiormente nel 2018 risultano macchine EDM, taglio laser, centri di lavoro e torni.

Nel 2018 sono stati inoltre esportati accessori per 1.924 milioni di dollari (+23,2%), di cui il 54,8% diretto in Cina, e importati per 304 milioni di dollari, prevalentemente da Giappone (31,5%), Cina (26,2%), Germania (15,7%) e Italia (6,9%).

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